Mangia come parli

Si potrebbe anche dire "mangia come credi". Ma no nel senso che ognuno deve essere libero di ingurgitare quello che più gli aggrada, piuttosto: "la tua dieta alimentare deve rispecchiare il tuo credo".
Qualcuno potrebbe pensare che con questa affermazione ci avviciniamo ai fratelli musulmani. Oppure che regrediamo ai tempi in cui il popolo ebraico consultava la Bibbia come fosse un menù. (Lv 11)
No, niente di tutto questo. Ma un'idea che nasce dal fatto che sempre più persone sposano la scelta di un'alimentazione vegana.
Per chi si imbatte per la prima volta in questa parola, brevemente spieghiamo che vegano è colui o colei che non mangia carne, né pesce, né derivati animali (uova, latte, ecc.) ma "unicamente" frutta, verdura e cereali.
La scelta di una simile dieta può nascere dalle seguenti motivazioni:
1 - rispetto per l'ambiente (natura, animali...)
2 - maggiore attenzione a chi nel mondo muore di fame
3 - salute del proprio corpo.
Tre motivazioni che devono far drizzare i capelli in testa ai cristiani.
Se seguire questo tipo di alimentazione ha un impatto negativo minore nell'ambiente, allora il cristiano che mangia carne, contribuisce a danneggiare il creato. E quindi deve fare i conti con la sua coscienza.
Non mangiare carne significa ridurre drasticamente il numero di animali allevati con la diretta conseguenza di avere a disposizione molte più colture il cui raccolto può essere meglio condiviso con le popolazioni bisognose. Il cristiano che non sceglie il veganesimo, non cura l'aspetto della condivisione delle risorse della terra e deve quindi, ancora una volta, confrontarsi con la sua coscienza.
Il terzo motivo che spinge a seguire questo tipo di dieta è legato alla cura del proprio corpo e del proprio benessere. Quindi, senza scendere in prassi che vogliono la gioventù ad ogni costo o cose del genere, voler bene al proprio corpo non è un rispettare Dio autore di questo meraviglioso dono?
Il cristiano che non sceglie un'alimentazione simile, come se la vede con la sua scelta di fede?

Io questa volta mi tiro fuori perché la scelta l'ho compiuta e la mia alimentazione non prevede più carne da diversi mesi e mi sento di condividere in pieno le parole del grande Gandhi "La terra ha abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l'avidità di alcuni."

Ai catechisti

E' il periodo in cui, generalmente, in tutte le parrocchie, inizia l'anno catechistico.
Mi sono trovato a pregare su questo servizio che svolgo da molti anni e ne è nata una piccola riflessione che condivido con gli amici di questo blog.

A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere? Quella fede può forse salvarlo?
Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. (Gm 2, 14-17)
 
Inizia un altro anno, anzi no, inizia un nuovo anno. “Altro” fa pensare ad una inesorabile ripetitività, con valenze perfino negative; “nuovo” invece è un termine carico di speranza. Quante cose belle possiamo fare, partendo da zero? 
Avere la convinzione e la consapevolezza di partire da zero è importante perché così dobbiamo abbandonare tutto quanto avevamo di consolidato e certo. E' il modo migliore per non ripetere gli errori fatti. 
Dimentichiamo i fallimenti che sono quelli che ci portano alla insoddisfazione del servizio, alla scontentezza, alla diminuzione dell'entusiamo... perdendo così di mira il motivo principale del nostro operato: mettersi a disposizione dei nostri fratelli più piccoli, dei bisognosi che la comunità ci affida (ed io ci includerei anche i relativi genitori). E' questa la nostra missione. E' questo il nostro segno di carità.

Win for Life

Tagore si è espresso così: 
"Dormivo e sognavo che la vita non era che gioia;
mi svegliai e vidi che la vita non era che servizio;
servii e compresi che nel servizio era la gioia."
Credo che chiunque di noi abbia speso almeno un secondo al servizio degli altri, possa condividere le parole del poeta indiano.
Se offriamo il nostro tempo, le nostre capacità, noi stessi ai fratelli più bisognosi creiamo un terreno fertile per far attecchire il seme della gioia.
E' da qui che dobbiamo partire: dal servizio. Diversamente troveremo solo gioie effimere.
Ma questa nostra ricerca, questo nostro impegno nel cammino verso una gioia sempre maggiore deve essere visto come una "golosa" opportunità.Un "Win For Life". Un'occasione che ci cambia la vita.
E dobbiamo essere entusiasti di averlo capito e diventare custodi di questa grande verità.
"La gioia è il gigantesco segreto dei cristiani" (Gilbert Keith Chesterton)

Bond e derivati?

Secondo San Paolo il frutto dello Spirito è l'Amore.
Poi però, nella sua lettera ai Galati elenca altri otto termini che sono i "frutti dello Spirito" o se preferiamo i "derivati".
Ecco su che cosa possiamo investire... sui derivati... ma dello Spirito e dell'Amore.

Oggi non celebro messa

Oggi, se fossi stato un presbitero, dopo aver ascoltato la seconda lettura, avrei preso il microfono ed avrei detto solo queste parole: "Sorelle, fratelli, avete ascoltato gli ultimi due versetti della lettera di Giacomo? Beh... non aggiungo altro. Dovremmo alzarci ed uscire consapevoli di quanto siamo lontani dall'insegnamento di Cristo. Cosa facciamo continuiamo la celebrazione? Forse saremmo più credibili se ce ne andassimo."

Quando prenderemo le cose sul serio? Quando smetteremo di "fare finta che..."?

Per comodità vi riporto il versetto al quale mi riferisco:
Avete gozzovigliato sulla terra e vi siete saziati di piaceri, vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non può opporre resistenza.

Agostino Mannoia e Fiorella D'Ippona

Mi accorgo di avere un'autodifesa notevole che mi protegge dagli attacchi della coscienza, rendendole il lavoro difficile. 
Ma me ne rendo conto solo quando mi fermo un attimo, davanti al tabernacolo, o davanti alla parola di Dio. 
Se non mi organizzo per trovare il tempo di un incontro intimo e periodico con il Signore, il rischio di continuare a percorrere strade sbagliate è molto elevato. Il motivo è semplice: se non ti confronti con il messaggio di Cristo, ti fai assorbire completamente dal mondo con le sue abitudini, con le sue consuetudini, con la sua continua voglia di vivere come se Dio non ci fosse e (che poi risulta essere la logica, pratica e drammatica conseguenza) come se gli altri non ci fossero.

Accade così che leggendo le parole di Sant'Agostino: "LA STORIA DEL MONDO E' LA LOTTA TRA DUE TIPI DI AMORE: L'AMORE DI SE' PORTATO SINO ALLA DISTRUZIONE DEL MONDO E L'AMORE PER IL PROSSIMO PORTATO SINO ALLA RINUNCIA DI SE'." le apprezziamo, ma le sentiamo lontane. Non ci capacitiamo di come ogni nostro gesto, ogni nostra scelta imbocca immancabilmente una di queste due strade indicate dal padre della chiesa. Ricordiamoci che il nostro "fare" quotidiano può avere come obiettivo l'amore per noi stessi o l'amore per gli altri. E con un gesto possiamo cambiare la storia. Del resto lo canta anche Fiorella Mannoia: LA STORIA SIAMO NOI!

Dove eravamo alle quattro?

"erano circa le quattro del pomeriggio" così Giovanni conclude la narrazione dell'episodio della chiamata dei primi discepoli da parte di Gesù.
Quell'incontro fu per loro qualcosa di memorabile che cambierà per sempre la loro vita e pertanto resta impressa non solo la data, ma persino l'orario.
Di tutta la narrazione, mi provoca, più di tutte, la domanda pronunciata dai due discepoli di Giovanni. Appena si incontrano con Gesù gli chiedono: "Maestro, dove abiti?"
Non si creano tanti problemi, non cercano chissà quali spiegazioni. Semplicemente vogliono sapere dove Gesù abita. Quello di cui sentono la necessità è di essere informati sul luogo dove (nel caso in cui volessero incontrarlo nuovamente) lo possono trovare.
Gesù non si perde in chiacchiere. Semplicemente li invita a seguirlo e vedere di persona. Essi lo seguono, decidono quindi di "buttarsi" e non se ne pentiranno perché l'evangelista specifica "Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui". Rimangono colpiti, convinti e decidono di restare con Gesù. Il Maestro li invita, li chiama ma quello che fa nascere tutto è la "curiosità" dei due discepoli a sapere dove poterlo trovare. Quindi l'invito di Gesù trova già una minima apertura. Fa leva su cuori predisposti all'ascolto.
Quanto volte Gesù sarà passato davanti ai nostri occhi, quante volte il "Giovanni Battista" del momento ce lo avrà indicato, quante volte lui stesso ci avrà chiesto "Che cercate?". E quante volte non abbiamo avuto il coraggio, la prontezza, la capacità o la volontà di farci avanti chiedendo "Maestro, dove abiti?"
Pensiamoci un attimo, analizziamo la nostra responsabilità pur senza colpevolizzarci, perché per i primi due discepoli Gesù è passato alle quattro del pomeriggio, per noi forse, ha deciso di passare in un altro orario.
L'importante è essere lì!

Pregare humanum est

Voglio essere fiscale e allora mi permetto di analizzare il seguente slogan che accompagna la promozione di un "rosario digitale". Lo faccio perché credo che tra queste righe si nasconda, in maniera del tutto inconscia, una consapevolezza molto comune tra noi cristiani. La convinzione che la preghiera possa arrivare ovunque, indipendentemente dal nostro impegno, fin quasi ad assumere una connotazione riparatrice delle nostre mancanze ed una assoluzione al nostro disinteresse.
Pensa a tua madre o tua nonna
che si ritrova tutto il giorno da sola in casa
mentre tu sei tutta presa dalle attività quotidiane. . .
si sentirebbe meno sola con la voce amica del rosario digitale
A quanto pare si pone un problema: una persona è sola (mamma, nonna, donna, uomo...). Al contempo si prende atto di una situazione di impegno gravoso inderogabile ed improcrastinabile da parte di chi potrebbe invece aiutare questa persona sola.
La soluzione, non dico più semplice, ma dico più cristiana, sarebbe quella di fermarsi un attimo e cercare di capire se questo "drammatico" essere presi dalle attività quotidiane non possa essere ridimensionato. Capire quindi che ci sono delle priorità nella nostra vita. Che alle volte è meglio tralasciare qualcosa per il bene di chi ci sta accanto. Invece, spesso, "rimediamo" in maniera infantile con la preghiera. E così anziché dedicare il nostro tempo, le nostre idee, il nostro amore, le nostre abilità, in sostanza... i nostri talenti, ai fratelli che ne abbisognano, si delega tutto alla preghiera.
E diciamo: Signore aiuta tizio ad affrontare la malattia che l'ha colpito (anziché dedicare magari un'ora alla settimana per andarlo a trovare)
Signore ti ringraziamo per questo cibo, danne anche a chi non ne ha (anziché rinunciare a tutto quel superfluo presente nelle nostre tavole per donarlo a chi ha meno di noi)
Beh, l'elenco è lungo. Ognuno di noi le conosce bene queste preghiere. Ci pensi un attimo e veda se è il caso di cambiare qualcosa. . .
Concludo con una frase che ho ascoltato tempo fa da un religioso e che era pressappoco così: "Se fate partecipi qualcuno di un vostro problema, diffidate da chi vi risponde con un: ti ricorderò nella preghiera". Buona domenica!!

Il poster del campione

Indubbiamente uno degli episodi più noti dell'Antico Testamento è la lotta del giovane Davide contro l'esperto Golia e di come quest'ultimo sia stato sconfitto contro ogni umana logica ed al di là di ogni più rosea previsione e razionale aspettativa. Golia viene presentato come il "campione" messo in campo dal popolo dei Filistei. Davide, è apparentemente tutt'altro. E' giovane, inesperto nell'arte della guerra, fisicamente più debole. Ma ha un vantaggio. Ha Dio dalla sua parte. Dio è con lui ed è il "campione" che lui mette davanti all'avversario del popolo Israelita.

Ognuno di noi è come Davide. Ognuno di noi viene chiamato per lottare e per vincere. Noi, se ci pensiamo bene, come il giovane pastore, siamo i "campioni" che Dio sceglie. E se ci rendiamo conto di questo, capiamo quanto importante è il nostro comportamento. Quanto Dio si aspetta che facciamo, quanta fiducia ripone in noi. Chi ha figli adolescenti, può passare questa sera davanti alla loro camera ed in silenzio fermarsi un attimo a guardare le pareti. O meglio, ciò che ricopre ogni centimetro quadro di quelle che erano pareti i cui colori erano stati scelti con tanta cura qualche anno prima. Foto, poster di personaggi più o meno validi, più o meno noti, spesso sportivi che sembrano vigilare sui sonni dei nostri figli. Queste facce, questi corpi, sono gli idoli dei nostri ragazzi, sono i loro "campioni".

E se qualcuno di noi avrà la volontà di aprire quell'altra porta, quella che apre raramente ed entrare, scoprirà Dio che sta dormendo sogni tranquilli perché dalle pareti lo stiamo guardando noi: i suoi "campioni". Dio è così! E' un nostro grande fan. . . ed ha il nostro poster nella sua cameretta.

Oohh Abramo. . . e dai. . .

Mi auguro che nonostante le ferie, il bel tempo, il mare o la montagna, abbiate partecipato alla mensa eucaristica. Si sa che nei mesi di luglio ed agosto, l'affluenza alla messa domenicale cala drasticamente.
Comunque, per tutti voi, a prescindere da quanto sopra, riporto uno stralcio della prima lettura tratta dal libro della Genesi, dove si racconta di quando Abramo parla al Signore dopo i fatti di Sodoma e Gomorra.
Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? [...]
Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo».
Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque».
Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Ooooohhhhh Abramooo! E che è?!
...

No! Fermi tutti! Il racconto biblico finisce in maniera diversa. Dio non da quella risposta. Però credo che umanamente sarebbe potuto accadere, vista l'insistenza, oserei dire, quasi paranoica di Abramo. Ho voluto calcare un po' la mano per richiamare l'attenzione su di un fatto che spesso ci sfugge. Il Signore lo sa già quello di cui abbiamo bisogno (ce lo dice lo stesso Gesù "Pregando poi, non blaterate come i pagani, i quali credono di venire ascoltati moltiplicando parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vosto sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate". Mt 6, 7-8.)
Invece, noi, spesso pensiamo di saperne più di Dio ed insistiamo a chiedere, a chiedere, a dirgli cosa è meglio e cosa no. Ad intimargli di fare questo o di non fare quello.
Non comportiamoci come Abramo che pensava (vista la cultura del tempo) di avere a che fare con un Dio bisognoso dei nostri poveri consigli.
Seguiamo piuttosto l'insegnamento di Gesù. Mettiamoci in preghiera davanti al tabernacolo senza blaterare, senza moltiplicare parole. Semplicemente fissiamolo, mentre lui ci fissa.
Buona settimana.